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Del celebre car.

fossevi tra Leonardo da Vinci e Raffaello verun legame
particolare d'amicizia durante li diversi tempi ch' ei
visse in Firenze, tuttavolta ciò che non ha uopo di es-
sere provato, quando si confrontino le loro
opere, si
è una simpatia naturale che aveano tra di loro, un gu-
sto eguale per lo stesso genere di grazia e di purezza.
Più d'un quadro del Sanzio dipinto verso quest' epo-
ca, siccome quello, per esempio, della Vergine detta
la Giardiniera, non sembra essere, se così si può espri-
mere,
della stessa famiglia ? come credere infatti, che
l'ape d'Urbino nel perfezionamento del suo ingegno
non avesse tolto niente dai fiori di Leonardo da Vinci?

Tuttavia bisogna confessare, che quella rara combinazione di qualità, che l'artista fa sue proprie collo studio delle opere della natura e di quelle dell' arte, risulta da un'operazione dello spirito, che la teoria non saprebbe spiegare: ciò sarebbe un pretendere di distinguere nella sostanza composta dall' insetto tutti quegli elementi dei succhi diversi, che vi ha trasformati. Lo stesso addiviene dell' azione o delle produzioni dell' ingegno e del gusto per rispetto al riunimento che fassi delle maniere di parecchi maestri. Egli è questo uno di que' misterj, pertinenti alle facoltà d'imitare, il cui effetto si confonde spessamente o colle maniere del copista, o coi ripetimenti che l'allievo s' abitua a fare delle opere d'un solo maestro: ed ecco la causa che ha prodotto l'interminabile disputa dell' influenza di Michelangelo sopra Raffaello, influenza onde avremo a parlare ancora, allorquando questi due rivali si troveranno a Roma sopra un teatro più vasto !

Se credesi ai fatti e al ravvicinamento delle date, il

langelo.

Intaghato da

Vasari e dietro lui parecchi altri si sono fatti troppo tone di Michesolleciti di porre Raffaello presente al celebre cartone, il quale non ha potuto essere terminato da Michelangelo che nel 1506, vale a dire tre anni da poi che l'Urbinate ebbe lasciato i lavori del Pinturicchio.

Noi non dobbiamo passar sotto silenzio l'impressione che dovette produrre quell' opera maravigliosa; per ben comprendere la quale, fa uopo formarsi una giusta idea del metodo e dello stile del disegno allora dominante presso a poco in tutte le scuole al qual fine siamo obbligati di qui ripetere: che nè gli usi moderni aveano favorito lo studio del corpo umano, nè la natura dei soggetti di divozione, nè le abitudini della decenza religiosa aveano dovuto renderlo molto necessario, nè li modelli delle statue antiche, allora poco numerose, aveano potuto supplire alla cognizione del nudo regnava generalmente una certa verità, ma non s'estendeva oltre il ritratto; alla somiglianza delle fisonomie s'univa la copia esatta e consueta degli abbigliamenti del tempo. Tutto ciò ch' eravi di nudo consisteva nei delineamenti dei contorni rettilinei, senza articolazione, nè indicazione di musculatura: e la bonarietà del disegno corrispondeva a quella delle composizioni. La pittura non osava ancora cimentarsi ad alcuno di quegli aspetti che esigono attitudini contrastate, dimostranti il corpo umano in certe positure più o meno difficili da rappresentarsi, in certi gruppi variati o situazioni complicate, nelle quali l'arditezza del tratto e del pennello impara per così dire a trastullarsi. L'imitazione d' alcuni frammenti di statue antiche,

1 Vasari, ibidem, pag. 163.

e soprattutto li profondi e continui studj d' anatomia cui s'era dedicato Michelangelo, lo misero, per quanto al disegno, in un grado superiore a quello, cui eran giunti li suoi contemporanei: incaricato di dare un riscontro al combattimento di cavalleria, già disegnato sul cartone da Leonardo da Vinci in una sala del palazzo Vecchio, prese per soggetto un fatto della storia della guerra di Pisa, il quale potesse somministrargli onde far brillare il suo sapere nell'imitazione del nudo.

Un tale soggetto non avrebbe potuto entrare mai nella mente de' suoi contemporanei; giacchè l' invenzione non precede mai li mezzi dello eseguimento. Michelangelo suppone dunque che li soldati dell' armata fiorentina, essendo a bagnarsi nell' Arno, vengano sorpresi all' improvviso dall' inimico: si batte a raccolta, il trombetta dà il segno d'allarme: si vede al momento la riva del fiume scalata dai bagnatori; gli uni si vestono e s'armano frettolosamente, gli altri escono dall'acqua; altri di già usciti stendono le mani ai più tardivi, onde aiutarli ad arrampicarsi sull' erta sponda del fiume.

Questo cartone, in cui Michelangelo pareva aver messa tutta la potenza del disegno, tutta la forza del suo talento, perì alcuni anni dopo, senza che ne fosse mai stata eseguita la pittura*; e ne restava solo una ri

È fama che questo famosissimo cartone, da cui tanto profitto ritrassero li più distinti artefici di quel tempo, fosse ridotto in pezzi da Baccio Bandinelli scultore, o perchè altri non potesse trar profitto da quel divino esemplare, o perchè favoreggiando Leonardo da Vinci e odiando il Buonarotti, volesse torre dagli occhi un confronto che stabiliva la riputazione di questo sopra l'altro. Vedi Vasari, Vita di Michelangelo.

cordanza in alcune figure intagliate separatamente da Marcantonio, le quali però non potevano dare veruna idea dell' insieme. L'immagine presso a poco intiera di questa composizione ricomparve da poco tempo in un intaglio, eseguito con cura, e, per quanto si può giudicare, sopra un disegno in piccolo, che potrebbe essere di un qualche contemporaneo 2.

Null' altra opera ha mai ottenuta una celebrità simile a quella del cartone della guerra di Pisa: il Vasari ha esaurito per esso tutte le maniere d'elogio, tutte le espressioni dell' ammirazione e dell' entusiasmo. Noi non possiamo nello stato attuale delle arti, e vedute le testimonianze dei contemporanei, dubitare della sensazione straordinaria che fece provare la comparsa di quel capo d' opera: ma il disegno intagliato ne ha confermata la storica narrazione. Michelangelo si compiacque di mo

I pochi avanzi di questo cartone, intagliati da Marcantonio, di cui parla il Quatremere, furono rintagliati da Agostino Veneziano nella famosa carta conosciuta in Francia sotto il nome di Crimpeurs. Intagliò Marcantonio anche un altro frammento della figura d'un soldato veduto da tergo che si allaccia i calzari; e al tempo di Vasari se ne vedevano in Mantova altri pezzi in casa di messer Uberto Strozzi, tenuti colla massima riverenza. Vedi Cicognara, Storia della Scultura, vol. 5.o, pag. 161, nota.

Questo intaglio venne eseguito in Londra per opera di Schiavonetti.

2 In una nota apposta alla Vita di Michelangelo, scritta da Vasari, tom. 6.o, pag. 182, leggesi che era stato fatto in quel tempo un disegno in piccolo di quel cartone da Bastiano di S. Gallo, e che, dopo la distruzione dell'originale, non volle più lasciar copiare il suo disegno. Sarebbe egli quel desso che trovasi in Londra ?

strare in questa composizione e la scienza profonda della musculatura, che nessuno allora presumeva, e `quella abilità prodigiosa ch' egli aveva di presentare il corpo umano sotto qualunque aspetto, dilettandosi delle · posizioni più complicate, dei movimenti più composti, degli scorci più arditi. Alla fine con questo solo lavoro, non solamente fece uscire l'arte del disegno dal confine ristretto d'un metodo timido e freddo, ma gli riuscì di portarlo di primo lancio a quel punto di perfezione che egli stesso non ha potuto superare di poi 1.

Il cartone di Michelangelo divenne adunque allora l'oggetto di studio di tutti gli artisti 2: e Raffaello medesimo trovasi citato nel numero di quelli che lo studiarono. Di fatto è certo, che, s' egli non potè nè studiarlo, nè vederlo all'epoca del 1503, siccome il Vasari ha avuto il torto di scrivere 3, niente dovette impedirlo, trovandosi in Firenze, od essendovi stato abitualmente dal 1506 fino al 1508, di vedere e rivedere quell' opera, che formava allora l' ammirazione di tutti gli artefici.

Ma torna qui in acconcio una considerazione, cui ci ricondurrà il seguito di questa Storia; cioè, che, se l'Urbinate potè allora, per rispetto alla pubblicità del cartone di Michelangelo, apprezzarne a suo bell'agio e la scienza profonda e la grande maniera del

1 Benvenuto Cellini nella sua Vita scritta da lui medesimo, dice, parlando del cartone di Michelangelo: Dappoi non arrivò a questo segno mai alla metà. Vedi a pag. 20 della bella ed accurata edizione eseguita da Giovanni Silvestri in Milano l'anno 1824, nella sua Biblioteca scelta di opere italiane, antiche e moderne. 2 Vasari, Vita di Michelangelo, tom. 6.o, pag. 184. 3 Vedi in addietro a pag. 28.

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